Quando nei “bar della fotografia” affrontiamo accesissime e lunghissime discussioni sulla ammissibilità o meno del fotoritocco nelle nostre immagini, molto spesso tendiamo a dimenticarci che la manipolazione delle immagini è presente fin dagli albori della fotografia. Con l’avvento del digitale e la perdita di esperienza nelle tecniche della camera oscura, ci siamo lentamente convinti che il fotoritocco è stato reso possibile da strumenti come Adobe Photoshop quando, in realtà, moltissimo di quello che possiamo oggi fare con clic era possibile anche negli anni dell’analogico in camera oscura.
La fotografia che vedete qui in alto, intitolata “The Raid”, è stata realizzata durante la Prima Guerra Mondiale da Frank Hurley, un dei due fotografi australiani incaricati ufficialmente di documentare il primo conflitto mondiale e raccontare gli orrori del fronte ai cittadini australiani. In particolare, la scena ripresa immortala uno scontro sul fronte occidentale. Quello che è meno evidente alla vista è che si tratta di una immagine composita, ottenuta dalla fusione di diversi scatti in camera oscura: catturare la realtà della guerra con la tecnologia disponibile all’epoca in un singolo frame, spiegò Hurley dopo che la sua immagine creò una accesissimo dibattito sulla liceità o meno della tecnica utilizzata, era semplicemente impossibile. Per superare questo limite, Hurley combinò diverse immagine divenendo di fatto uno dei pionieri di una tecnica che, oggi, viene usata moltissimo in numerosi campi della fotografia. La differenza più grande tra oggi e allora risiede nella facilità e nella velocità di realizzazione: possiamo immaginare che Hurley passò molto tempo in camera oscura lavorando su negativi differenti, mascherando e componendo anche in condizioni non ideali, mentre oggi possiamo beneficiare di un flusso di lavoro molto più rapido e comodo.
In ogni caso, il risultato prodotto da Hurley è sensazionale se pensiamo che è stato ottenuto ormai quasi cento anni fa con una tecnologia che definire rudimentale rispetto a quella odierna è poco.
La manipolazione delle immagini, allora come oggi, è un tema che vede sempre due fazioni opposte confrontarsi piuttosto aspramente: anche all’epoca, infatti, Hurley fu pesantemente criticato per la sua immagine “The Raid” da Charles Bean, uno dei principali fotografi di guerra australiani nel primo conflitto mondiale nonché storico ed esperto del conflitto, che lo accusò pubblicamente di realizzare immagini finte. Quanto, quindi, è lecito spingersi oltre per documentare un evento o un luogo? Quando una fotografia smette di essere “solamente” una rappresentazione fedele della realtà per divenire principalmente il veicolo di un messaggio più profondo? Personalmente non ho ancora trovato una risposta definitiva a queste problematiche, ma quel che credo fermamente è che se la tecnologia o la tecnica ci consentono di superare dei limiti insiti nella nostra attrezzatura e di realizzare l’immagine che abbiamo visualizzato in mente senza stravolgerne il messaggio, allora si tratta di post produzione accettabile.
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